Cari fratelli e sorelle, nelle letture della Santa Messa di oggi incontriamo il bellissimo mistero dell'umanità di Gesù unito all'autorità sovrana della sua divinità. Nelle letture di Ebrei e di Marco ci troviamo di fronte a due dimensioni della nostra fede che a prima vista possono sembrare contraddittorie ma che, se esplorate insieme, rivelano il profondo amore e lo scopo che Dio ha per l'umanità.

Nella Lettera agli Ebrei, l'autore parla eloquentemente della duplice natura di Cristo: pienamente umana e pienamente divina. Ci viene ricordata la nostra intrinseca dignità come creazione di Dio, una dignità che ci eleva a uno status quasi angelico. Il salmo articola magnificamente questa verità, chiedendo: “Che cosa sono gli uomini perché tu ne abbia cura?”. Possiamo sentirci piccoli nella vastità dell'universo, eppure Dio sceglie di incoronarci con gloria e onore, affidandoci la gestione della creazione.
Questo mistero è incarnato da Gesù, che ha assunto la carne umana per diventare nostro “fratello”. Che affermazione stupefacente! Il Dio dell'universo, che potrebbe comandare legioni di angeli ed è adorato e venerato da loro notte e giorno, sceglie di diventare uno con noi, condividendo le nostre lotte e sofferenze. Nel suo ruolo di “pioniere della nostra salvezza”, Gesù non si è sottratto al dolore; anzi, nei suoi anni di punta, i 30 anni, è stato reso “perfetto attraverso la sofferenza”. Qui sta il nocciolo della nostra fede: attraverso la sua sofferenza e la sua gloria finale, Gesù apre la strada a tutti noi per sperimentare la redenzione divina, e per questo ha offerto al Padre la sua migliore e massima espressione del suo amore. Quanto dobbiamo essere grati al nostro tenero, gentile e generoso Signore?
I primi cristiani, alle prese con le persecuzioni, trovavano speranza in questo messaggio. Si ricordavano che, anche se non vedevano ancora la pienezza del regno di Dio, Cristo stava già ricevendo la gloria anche attraverso le stesse prove che affrontavano. Anche noi oggi viviamo in un mondo in cui la sofferenza sembra spesso una punizione, in cui mettiamo in dubbio la presenza di Dio nel nostro dolore. Eppure, come suggerisce la lettera agli Ebrei e come esemplifica la vita di Gesù, spesso è proprio in quelle prove che incontriamo la grazia e un rapporto più profondo con il Signore.
Questo concetto si rispecchia nel Vangelo secondo Marco, dove vediamo Gesù insegnare nella sinagoga con un'autorità liberatoria che stupisce i suoi ascoltatori. A differenza degli scribi che si limitano a interpretare le Scritture, Gesù parla con l'autorità della verità stessa. La gente è affascinata non solo dalle sue parole, ma anche dalla libertà e dalla guarigione che esse portano. Viene affrontato da uno “spirito impuro”, che lo riconosce come il “Santo di Dio”. Tuttavia, Gesù non dialoga con lo spirito, ma con autorità gli ordina di andarsene.
Questo duplice atto di insegnamento e di guarigione ci rivela la natura onnicomprensiva della missione di Gesù: egli non si sottrae al disordine dell'esistenza umana. Al contrario, ci entra dentro, portando guarigione e libertà.
Possiamo chiederci: Ci sottomettiamo all'autorità di Gesù? Siamo disposti a permettere alla sua verità di penetrare nella nostra vita e di liberarci?
E ricordiamoci che anche la nostra Madre è con noi, indicandoci sempre Gesù come chiave della nostra libertà, gioia e forza. Per sua intercessione, possiate essere benedetti in questa giornata, mentre continuate ad abbracciare, sempre di più, l'offerta di Gesù di liberarvi. Amen.
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