Mentre ci riuniamo per riflettere sulle sacre Scritture nella Santa Messa di questa domenica, ci vengono presentate lezioni profonde sulla natura dello stato dei nostri cuori e delle nostre anime, sul frutto delle nostre azioni e sull'invito alla gratitudine e alla crescita nelle nostre vite. Le letture intrecciano magnificamente i temi dell'esame di coscienza, dell'importanza delle nostre parole e della necessità di esprimere gratitudine a Dio.

Nella prima lettura, tratta dal Siracide, ci viene ricordato il significato della parola come riflesso del nostro carattere: “Quando si scuote un setaccio, appare la pula”. Proprio come il processo di scuotimento di un setaccio rivela ciò che non ha valore, le nostre parole possono rivelarci alcuni dei difetti di cui dobbiamo liberarci: orgoglio, arroganza, sfacciataggine, mancanza di prudenza, ecc. Questo insegnamento ci invita a un esercizio vitale di introspezione. Spesso ci è facile evidenziare i difetti degli altri, criticare o giudicare, ma il Siracide ci esorta a scavare prima nel nostro cuore e a controllare le “travi di legno” che vi portiamo. Quante volte siamo stati veloci nel criticare i piccoli difetti del nostro prossimo, mentre abbiamo trascurato le nostre mancanze più significative? O quante volte ci aspettiamo ipocritamente un comportamento perfetto e ideale dagli altri, mentre noi procrastiniamo la nostra vita virtuosa? Mi sono sorpreso ad arrabbiarmi con uno dei nostri frati francescani in formazione per aver preso una lattina di Coca Cola Zero durante il pranzo, quando nel frattempo, molte volte sono sceso dalla mia stanza nelle ore più tarde della sera per concedermi la stessa cosa, solo che lui lo faceva apertamente di fronte a tutta la comunità e io dubitavo nascondendomi. Cosa è peggio? Quindi è facile aspettarsi la perfezione dagli altri senza abbracciare la disciplina che ci vuole, soprattutto nella vita religiosa.
Questo invito all'autoriflessione trova eco nel Vangelo di Luca, dove Gesù ci sfida a confrontarci con l'ipocrisia dei nostri giudizi: “Perché ti accorgi della scheggia nell'occhio del tuo fratello, ma non percepisci la trave di legno nel tuo?”. Gesù sembra dirmi regolarmente: “Per amore”. È proprio perché Gesù ci ama che desidera illuminare la nostra coscienza. Le sue domande penetranti ci costringono a rivolgere lo sguardo verso l'interno. Come ci ricorda l'apostolo Paolo nella sua lettera ai Corinzi, la nostra mortalità sarà un giorno rivestita di immortalità, perciò siamo chiamati a vivere con genuina integrità e onestà, permettendo che le nostre azioni e le nostre parole derivino da un cuore trasformato da Cristo e non da uno influenzato da questo mondo fugace.
La seconda lettura ci ricorda che la morte è stata inghiottita nella vittoria attraverso Gesù Cristo. Questa vittoria non è solo un evento miracoloso che celebriamo una volta all'anno. Piuttosto, ci invita alla vita eterna, che modella profondamente il modo in cui viviamo la nostra vita in questo mondo giorno per giorno. Sapere che il nostro lavoro nel Signore non è vano ci incoraggia a rimanere saldi e profondamente radicati nella fede, proprio come il giusto che fiorisce come una palma nei cortili del nostro Dio, come diciamo nel Salmo responsoriale.
Fratelli e sorelle, mentre affrontiamo le sfide della nostra vita quotidiana, ricordiamoci di coltivare la bontà nei nostri cuori, sapendo che il Signore desidera abitarvi. Non puliamo forse la nostra casa per preparare gli ospiti? Quanto più l'ospite divino che scruta le profondità del cuore. Questo ci aiuta a concentrarci sui buoni frutti: l'amore, la gioia e la pace che la presenza di Dio in noi ispira.
Se innaffiamo l'albero della nostra anima con le buone opere e la preghiera, esso darà sicuramente frutti graditi agli occhi di Dio. Amen.
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