Fratelli e sorelle, le letture di oggi ci invitano a riflettere sul perché crediamo in Dio e su cosa fondiamo la nostra fede. Quando studiamo la teologia, impariamo che molte verità su Dio ci sono state rivelate, e possiamo fidarci perché esistono i motivi di credibilità: segni concreti che rendono ragionevole e affidabile l’atto di fede. Non sono prove matematiche, ma appoggi solidi che ci aiutano a fidarci di Dio.
Uno di questi segni sono i miracoli: quando Gesù cammina sulle acque o calma la tempesta, mostra che la sua parola ha potere. Ci sono poi le profezie compiute, che dimostrano come Dio agisce nella storia, e la forza del Vangelo, capace di toccare il cuore di chi lo ascolta con sincerità. Un altro segno forte è la testimonianza dei santi e dei martiri, uomini e donne che hanno vissuto e sofferto per Cristo e nei quali si manifesta la sua potenza.
Anche le nostre esperienze personali possono diventare motivi di credibilità. Tutti noi abbiamo momenti in cui abbiamo sentito la protezione e la vicinanza di Dio: una preghiera ascoltata, una grazia ricevuta, un pericolo evitato. Questi momenti ci ricordano che la nostra fede non è un salto nel vuoto, ma una risposta fiduciosa a un Dio vivo e presente.
San Paolo lo sapeva bene: lui stesso aveva sperimentato l’incontro con Cristo risorto, e per questo poteva parlare con forza di fede e fiducia. Anche Abramo imparò a fidarsi perché vide le promesse di Dio compiersi nella sua vita. Oggi, nel
Vangelo, invece, vediamo un uomo ricco che mette tutta la sua fiducia nei suoi beni e dimentica Dio. Ma nessuna sicurezza materiale può salvarci quando la vita ci è richiesta.
Fratelli e sorelle, la vera ricchezza non è nei nostri granai, ma nella nostra fiducia nel Signore. Ognuno di noi ha motivi per credere: la storia della salvezza, la vita della Chiesa, e la nostra esperienza personale. Riconosciamoli, custodiamoli nel cuore, e lasciamo che rafforzino la nostra fede ogni giorno.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
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