Le letture di oggi parlano dell’offerta di salvezza da parte di Dio: una salvezza promessa attraverso i profeti, compiuta in Cristo e poi annunciata alle nazioni, ma che rimane un dono che richiede una risposta di fede. La prima lettura è tratta dalla Lettera di San Paolo ai Romani. È l’inizio di questa lettera. Ciò che colpisce della Lettera ai Romani è che San Paolo la scrive ai Romani prima ancora di aver messo piede a Roma. Questo è molto diverso da tutte le altre sue lettere, che di solito sono scritte dopo la sua visita in un determinato luogo: ad esempio Corinto, Filippi o Galazia. Tutte queste lettere furono scritte dopo il suo passaggio.
Questa lettera, invece, è una sorta di introduzione, un modo per permettere a San Paolo di presentarsi a quella comunità che era già nata a Roma. C’erano già dei convertiti al cristianesimo, c’era già una comunità di credenti, anche prima che San Pietro e San Paolo arrivassero. Lo sappiamo anche da Pentecoste, quando tra coloro che erano presenti vi erano pellegrini provenienti da Roma.
Questa lettera viene inviata ai Romani attraverso una donna. Molti studiosi ritengono che questa donna si chiamasse Febe, un nome greco che deriva da Phoibos, che significa “luminoso” o “splendente”. San Paolo affida a lei la lettera.
Chi era dunque Febe? In Romani 16, 1-2 leggiamo: «Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cencre, perché l’accogliate nel Signore come si conviene ai santi, e le prestiate aiuto in qualsiasi cosa abbia bisogno da voi; anch’essa infatti è stata protettrice di molti e anche di me stesso.»
Non si tratta semplicemente di una formula di cortesia, ma di una vera e propria raccomandazione ufficiale. Nell’antichità, quando qualcuno consegnava una lettera, l’autore inseriva una raccomandazione per garantire l’autorità del portatore. Febe, che era benefattrice di San Paolo e di molti altri, viaggiò da Cencre — il porto orientale di Corinto — fino a Roma, probabilmente via mare attraverso l’Egeo o il Tirreno, oppure via terra.
Fu proprio lei a leggere la lettera di San Paolo ad alta voce alla comunità romana, perché molti non sapevano leggere, e perché Paolo le aveva dato l’autorità per farlo. Era dunque una messaggera di grande fiducia.
San Paolo, all’inizio della lettera, parla di sé come di “servo di Cristo Gesù”, chiamato ad essere apostolo. In altre parole, egli è stato mandato: non va per iniziativa propria, ma è inviato da Dio, ed è “messo da parte” per un compito speciale — annunciare loro il Vangelo, la Buona Notizia, cioè che il Figlio di Dio è venuto nel mondo. Paolo sottolinea che questo Vangelo non è qualcosa di nuovo, ma era stato preannunciato dai profeti.
Egli parla della discendenza davidica e della figliolanza divina. Paolo afferma che Gesù è discendente di Davide secondo la carne, adempiendo così alla promessa messianica. Sappiamo che Giuseppe non ebbe alcun ruolo nella concezione di Gesù nel grembo di Maria, ma legalmente egli era suo padre, e possiamo risalire attraverso Giuseppe alla genealogia di Davide, al quale Dio aveva promesso di stabilire il suo regno per sempre.
È inoltre riconosciuto che Maria stessa apparteneva biologicamente alla discendenza di Davide. Dunque, anche se legalmente era Giuseppe ad essere riconosciuto, Maria portava in sé la carne della discendenza davidica. In questo modo, Gesù appartiene realmente alla stirpe di Davide: legalmente attraverso Giuseppe e biologicamente attraverso Maria.
Nel Vangelo, Gesù parla della Regina del Sud — la Regina di Saba, citata nel Primo Libro dei Re 10, 1-10 — che viaggiò da molto lontano per ascoltare la sapienza di Salomone. Egli afferma che questa Regina si leverà in giudizio contro coloro che non vollero riconoscere la presenza del Signore in mezzo a loro. Anche dopo l’espulsione di un demonio, essi attribuirono l’azione non a Dio, ma a Beelzebù, il principe dei demoni.
Gesù sottolinea che la Regina di Saba, pur non essendo israelita, fece un lungo viaggio per ascoltare Salomone, eppure lì, davanti a loro, c’era qualcuno di più grande di Salomone. Poi parla anche dei Niniviti: come abbiamo ascoltato in questi giorni, Dio mandò Giona a Ninive per predicare la conversione. Essi ascoltarono e si pentirono.
Gesù afferma che a questa generazione incredula non sarà dato altro segno se non il segno di Giona. Come Giona rimase nel ventre del pesce per tre giorni e tre notti, così Gesù sarebbe rimasto nella terra fino alla sua Risurrezione la domenica di Pasqua.
Cari amici, chiediamo al Signore la grazia di custodire il Vangelo, questo dono ricevuto a così caro prezzo. È una sorgente di vita, di grazia e di benedizione. Quando ascoltiamo la Parola di Dio e la lasciamo penetrare nei nostri cuori, quando permettiamo a Dio di abitare dentro di noi, allora abbiamo la vera vita: la vita che ci era stata destinata sin dall’inizio, come figli e figlie di Dio.
Amen.
Add comment
Comments