27a Settimana del Tempo Ordinario C – Domenica

Published on 4 October 2025 at 13:00

Nelle letture di oggi siamo illuminati nel cuore e nella mente sull’importanza di dipendere di più da Dio e di confidare in lui. Nella prima lettura, tratta dal profeta Abacuc, che visse in Giuda verso la fine del settimo secolo prima di Cristo, in un tempo di corruzione sociale, di violenza e con la minaccia imminente dell’invasione babilonese, il profeta eleva un grido che risuona nei secoli: «Fino a quando, Signore, griderò aiuto e non ascolti?»

Abacuc, nella sua disperazione e angoscia, dà voce alle nostre stesse difficoltà, alle prove che ogni credente sperimenta quando soffre sotto l’ingiustizia o il silenzio del cielo. Tuttavia, Dio risponde. Non risponde con una soluzione immediata, ma con una promessa.

Il Signore gli ricorda che «l’uomo orgoglioso non ha l’animo retto, ma il giusto vivrà per la sua fede». Questa promessa di Dio diventa una pietra angolare della teologia biblica, poi citata da San Paolo nella Lettera ai Romani e nella Lettera ai Galati, per esprimere che la giustizia non viene dal successo visibile, ma dalla fede salda, che resiste anche nei tempi più tristi.

Cari fratelli e sorelle, quando attendiamo nella fede, la nostra impazienza si trasforma in fedeltà. Impariamo cosa significa che i giusti vivono non di ciò che vedono, ma di ciò che credono e di come vivono.

Nella seconda lettura, San Paolo scrive a San Timoteo. Molto probabilmente lo fa da una prigione a Roma, esortando il suo discepolo Timoteo a continuare a prendersi cura del gregge, dei fedeli e dei convertiti di Efeso. Timoteo, infatti, si sente scoraggiato, triste e afflitto dall’imprigionamento di Paolo, nel quale aveva visto all’opera la potenza di Dio.

Così Paolo gli scrive queste parole: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante l’imposizione delle mie mani.» Qui abbiamo uno dei primi riferimenti all’ordinazione, alla ricezione del sacramento dell’Ordine. Vediamo che questi sacramenti non sono stati inventati dalla Chiesa nel terzo o nel quarto secolo, ma risalgono agli apostoli e vengono da Gesù stesso, che impose le mani sugli apostoli, pregò per loro e li fece suoi primi sacerdoti, vescovi e apostoli.

Egli diede loro il potere di fare ciò che solo Dio poteva fare: non solo le opere fisiche come guarire i ciechi, risuscitare i morti, purificare i lebbrosi e camminare sulle acque, ma anche quelle spirituali, come il perdono dei peccati, che solo Dio può concedere. E tuttavia, egli affidò questo ministero a semplici esseri umani.

Questa imposizione delle mani da parte di un vescovo validamente ordinato—in questo caso San Paolo su Timoteo—ha il potere, per grazia di Dio, di generare nuovi sacerdoti, nuovi vescovi e i diaconi che li assisteranno. Paolo invita Timoteo a sopportare le difficoltà per il Vangelo con la forza che viene da Dio, e a custodire il prezioso deposito della fede mediante lo Spirito Santo che abita in noi.

Sappiamo che San Timoteo prese queste parole a cuore, perché anche lui, alla fine, ravvivò il suo zelo per il Regno di Dio e morì martire. Si racconta che Timoteo continuò a guidare i cristiani di Efeso e, quando si trovò davanti a una violenta processione pagana che profanava la città, proclamò coraggiosamente Cristo e fu picchiato a morte per la sua testimonianza. Alla fine, Timoteo davvero ravvivò il dono che aveva ricevuto.

Così anche noi siamo chiamati a confidare. A confidare, nonostante la nostra mancanza di fede. Nel Vangelo di oggi, gli apostoli chiedono a Gesù: «Aumenta la nostra fede.» Anche noi dobbiamo chiedere al Signore di aumentare la nostra fede, affinché possiamo aggrapparci a lui con maggiore autenticità, coerenza, fedeltà e umiltà.

Dobbiamo arrivare a un punto della nostra vita spirituale in cui possiamo dire, come ci insegna il Vangelo: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.» Andiamo oltre, e amiamo Gesù con tutto il nostro cuore, confidando in lui perché compia in noi tutte le cose belle che solo lui può realizzare.

Amen.


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