Miei cari amici, quante volte a Roma, camminando per le strade – le belle strade – tra panetterie, ristoranti, negozi di abbigliamento – incontriamo coloro che non possono permettersi nulla di tutto questo: i mendicanti, gli zingari, coloro che chiedono l'elemosina per comprarsi un pezzo di pane, i poveri tra noi.
E avendo vissuto a Roma, si finisce per conoscere i nomi di alcuni di questi poveri: Gabriel, Salvatore... Anche nei Vangeli troviamo il nome di un povero: Lazzaro. Dio conosce i loro nomi. Ai suoi occhi hanno un valore infinito.
Le letture di oggi ci chiedono di esaminare come guardiamo ai poveri e cosa stiamo facendo al riguardo, in un mondo che continua a manipolare e sfruttare coloro che sono meno fortunati di noi.
Nella prima lettura del profeta Amos, sentiamo parlare di questo profeta nell'VIII secolo a.C., durante un periodo di ricchezza e prosperità nel regno settentrionale di Israele sotto il re Geroboamo II, una prosperità costruita sullo sfruttamento dei poveri e su pratiche economiche corrotte.
Amos era un pastore e un coltivatore di sicomori di Giuda, ma fu mandato da Dio per denunciare l'ingiustizia sociale, l'ipocrisia nel culto - alzare le mani a Dio mentre si abusava di coloro che erano sotto di noi sulla terra - e l'oppressione dei poveri.
Amos condanna i mercanti che aspettano con impazienza che il sabato e i giorni festivi finiscano per poter continuare a ingannare i poveri con pesi e misure falsi. La loro avidità li ha portati a disprezzare sia Dio che la dignità umana.
Dio ci ama tutti e vuole che tutti noi siamo salvati.
Questo tema è ripreso nella seconda lettura dalla prima lettera di San Paolo a Timoteo. Paolo istruisce Timoteo su come dovrebbe essere il giusto ordine nella comunità cristiana di Efeso.
Uno dei primi compiti che sottolinea è la preghiera, non solo per i credenti, ma per tutte le persone, compresi i governanti e coloro che detengono il potere. Egli afferma specificamente: «Dio desidera che tutti siano salvati e giungano alla conoscenza della verità».
Nel Vangelo leggiamo i pensieri e i sentimenti di Luca, che spesso affronta i temi della ricchezza, della povertà e dell'amministrazione. Egli ci offre una parabola sull'amministratore disonesto, unica nel suo Vangelo e considerata una delle più enigmatiche.
Gesù parla di un amministratore sorpreso a sperperare i beni del suo padrone, riducendo i debiti degli altri per assicurarsi il loro favore. Una volta perso il lavoro, il padrone lo loda, non per la sua disonestà, ma per la sua astuzia.
Gesù contrappone i figli di questo mondo, che agiscono con decisione per ottenere guadagni mondani, ai figli della luce, che dovrebbero essere altrettanto prudenti nelle questioni eterne.
L'insegnamento si conclude con un severo monito: non si può servire Dio e il denaro; bisogna fare una scelta.
Fratelli e sorelle, siamo ancora una volta chiamati a scegliere Dio. A mettere Dio al primo posto sopra ogni altra cosa, ma anche a trattare gli altri come se vivessimo già con loro in paradiso.
Come ci stiamo preparando per il paradiso?
Un indicatore significativo di dove ci troviamo in termini di quanto abbiamo permesso a Dio di santificarci è il modo in cui reagiamo e trattiamo gli altri, specialmente i meno fortunati.
Più ci dedichiamo agli altri, sia attraverso atti di carità che di preghiera, più dimostriamo la nostra prontezza per il Paradiso, per vivere per sempre con Dio.
E che Egli vi benedica nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Add comment
Comments