Fratelli e sorelle, oggi ricordiamo san Massimiliano Kolbe, un frate francescano polacco la cui vita fu consumata dall'amore per Cristo e dalla devozione alla Beata Vergine Maria. Prima della seconda guerra mondiale, era missionario, editore e fondatore di un grande centro mariano in Polonia. Ma fu nell'oscurità di Auschwitz che la sua luce brillò più intensamente.
Nel 1941, dopo essere stato arrestato per aver dato rifugio a rifugiati ebrei e per aver parlato contro il regime nazista, fu rinchiuso in quel famigerato campo di concentramento. Un giorno, un prigioniero fuggì e, per rappresaglia, le guardie scelsero dieci uomini da far morire di fame. Uno dei prescelti gridò invocando sua moglie e i suoi figli. Mosso dalla compassione, padre Kolbe si fece avanti e offrì la propria vita al posto di quell'uomo. Per due settimane senza cibo né acqua, pregò con e per gli altri. Alla fine, il 14 agosto, gli tolsero la vita con un'iniezione letale. Morì come aveva vissuto: offrendo se stesso con amore.
Nella prima lettura dal Libro di Giosuè, Dio divide il fiume Giordano affinché il suo popolo possa attraversarlo ed entrare nella Terra Promessa. È un segno potente che Dio stesso ci guida dalla schiavitù alla libertà. Padre Kolbe, affrontando la morte, stava attraversando il suo Giordano, confidando che oltre l'oscurità del campo si trovasse la vera Terra Promessa della vita eterna.
Nel Vangelo, Pietro chiede a Gesù quante volte dobbiamo perdonare. «Fino a sette volte?». Gesù risponde: «Non sette volte, ma settantasette volte». Non si tratta di un numero da tenere a mente, ma di un invito a perdonare senza limiti, proprio come Dio perdona noi. Gesù racconta la parabola del servo a cui viene cancellato un debito enorme, ma che rifiuta di perdonare un piccolo debito che gli è dovuto. La lezione è semplice: se noi siamo stati perdonati così tanto, come possiamo serbare rancore verso gli altri?
San Massimiliano Kolbe ha vissuto questo Vangelo fino alla fine. Ha perdonato i suoi carcerieri. Ha pregato per coloro che gli hanno tolto la libertà, la salute e la vita. Ha rifiutato di lasciare che l'odio avvelenasse la sua anima. E così facendo, ci ricorda che il perdono non è debolezza, ma forza. È il potere che impedisce al male di avere l'ultima parola.
Amici, ognuno di noi ha il proprio Giordano da attraversare, momenti in cui siamo chiamati ad andare avanti con fede, a lasciar andare il risentimento, a perdonare coloro che ci hanno ferito e ad affidarci a Dio per il risultato. Forse non affrontiamo gli orrori di Auschwitz, ma nella nostra vita quotidiana incontriamo situazioni in cui la misericordia è costosa, in cui il perdono richiede coraggio.
In questa festa di San Massimiliano Kolbe, chiediamo la sua intercessione affinché possiamo amare senza badare al costo, perdonare senza tenere il conto e seguire Cristo attraverso le acque verso la libertà che solo Lui può dare.
Amen.
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