Cari fratelli e sorelle in Cristo, la pace sia con voi. Oggi, nella festa della Trasfigurazione, il velo viene sollevato solo per un istante. Sulla montagna, Pietro, Giacomo e Giovanni hanno un barlume – non di qualcosa di ambiguo – ma della verità su chi sia realmente Gesù: il Figlio eterno del Padre, radioso nella gloria, compimento della Legge (Mosè) e dei Profeti (Elia).
Perché Gesù ha rivelato la sua gloria in questo modo – e perché proprio a questi tre?
Papa Benedetto XVI offre una profonda intuizione. Egli insegna che la Trasfigurazione fu, soprattutto, una preparazione allo scandalo della Croce. Gesù stava per entrare nella sua Passione e i suoi discepoli avrebbero presto assistito a un'umiliazione così profonda che la loro fede avrebbe potuto non sopravvivere. Benedetto scrive: «La Trasfigurazione è un evento di preghiera; mostra visibilmente ciò che accade quando Gesù parla con il Padre: la profonda unità del suo essere con Dio, che diventa luce». In altre parole, questo momento rivela che anche nell'oscurità che sta per arrivare, Gesù rimane Dio con noi.
San Leone Magno fa eco a questo: «La grande ragione di questa Trasfigurazione era quella di rimuovere lo scandalo della Croce dal cuore dei suoi discepoli». Dio sapeva quanto fossero fragili. Dando loro questo assaggio di gloria, Gesù li stava dotando di speranza, non per aggrapparsi a un momento passeggero (come Pietro cercò di fare suggerendo di costruire delle tende), ma per sopportare le sofferenze che sarebbero seguite.
Notate anche come appaiono Mosè ed Elia, parlando dell'«esodo» di Gesù, la sua partenza. La gloria della Trasfigurazione non è una fuga dalla Croce, ma una rivelazione che la Croce stessa è la via verso la gloria. Nella visione di Daniele, al «Figlio dell'uomo» viene dato il dominio e la gloria dopo che è venuto «sulle nuvole del cielo», ma lo fa dopo la sua sofferenza. Il Vangelo di oggi non è una distrazione dalla Passione, ma ne è la chiave.
San Giovanni della Croce, il grande mistico, ci ricorda che Dio a volte concede consolazioni come queste per spingerci avanti nella vita spirituale, ma non dobbiamo attaccarci ad esse. La montagna non è la nostra destinazione. La voce dalla nuvola dice: «Ascoltatelo». Il comando non è quello di rimanere in estasi, ma di seguire la Parola - attraverso Gerusalemme, attraverso il Getsemani, attraverso il Calvario - ovunque e comunque essa, Lui, ci conduca.
La Seconda Lettera di Pietro lo conferma. «Noi siamo stati testimoni oculari della sua maestà», testimonia Pietro, ma poi ci dice che ancora più affidabile di quella visione è la parola profetica che già abbiamo. Le Scritture. Gli insegnamenti di Cristo. Questi sono la nostra lampada nell'oscurità fino a quando «l'astro del mattino sorgerà nei nostri cuori».
Cari amici, come gli apostoli, anche noi siamo chiamati a salire sulla montagna: nella preghiera, nell'Eucaristia, nei momenti di grazia. Ma questi non sono mai fini a se stessi. Servono a rafforzarci per portare la Croce, per seguire Cristo ovunque ci conduca. Perché oltre ogni croce c'è la Resurrezione. E dietro ogni nuvola di mistero e di prova, c'è la voce del Padre: “Questo è mio Figlio. Ascoltatelo”.
Ascoltiamo. Seguiamo. Non temiamo, confidando che oltre le tempeste della vita, splenderà il sole radioso del Figlio di Dio.
Amen.
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