Nel deserto di Zin, a Meriba, il popolo d'Israele era di nuovo assetato: brontolava, accusava, si disperava. Mosè colpì una roccia e ne sgorgò acqua. Vita dalla pietra. Ma questa volta Dio gli disse che, a causa di ciò che aveva fatto, non avrebbe guidato il popolo nella Terra Promessa.
Perché? In Esodo 17, Dio aveva comandato a Mosè di colpire la roccia. Ma nel brano odierno, tratto da Numeri 20, l'istruzione era diversa: «Parla alla roccia». Eppure Mosè, forse esausto, frustrato o imbarazzato all'idea di essere visto parlare a una roccia, la colpì due volte. Questo, disse Dio, non era un atto di fede. Mosè si affidò ai metodi del passato invece di confidare nella nuova parola di Dio. E, più profondamente, oscurò un segno sacro: la roccia era una figura di Cristo.
San Paolo ci dice in 1 Corinzi 10,4 che «la roccia era Cristo». Quella roccia del deserto, spaccata per dare acqua, prefigurava il Crocifisso, colpito sulla croce per versare l'acqua della vita eterna. Il primo colpo indicava la sua Passione, quando sangue e acqua sgorgarono dal suo Cuore trafitto. Ma la seconda volta, Dio disse: «Parla alla roccia». Perché? Perché il sacrificio di Cristo, una volta compiuto, è assolutamente sufficiente. Colpire di nuovo significa suggerire che il primo colpo non era sufficiente, minimizzando simbolicamente l'infinita grandezza della Croce.
Questa è più di una lezione sull'obbedienza. È un monito a non trattare l'opera salvifica del Signore come se fosse incompleta. Quante volte nella nostra vita «colpiamo di nuovo la roccia»? Chiediamo perdono ma continuiamo ad aggrapparci al senso di colpa, come se la Croce non potesse purificarci. Andiamo all'Eucaristia ma ci sentiamo indegni, come se la grazia non potesse guarirci. Guardiamo l'oscurità del mondo e ci chiediamo se Cristo abbia fallito, poi cerchiamo di prendere in mano la situazione.
Ma la lezione di Meriba è chiara: la Roccia è stata colpita una volta, e questo è sufficiente. Ora, dobbiamo solo parlare con Lui.
Nel Vangelo di oggi incontriamo un'altra Roccia: Pietro. Gesù gli dà un nuovo nome: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». Come Mosè, Pietro fraintenderà. Cerca di impedire a Gesù di andare sulla Croce e viene rimproverato: «Vattene via da me, Satana!». Eppure Pietro crescerà – rinnegando, pentendosi, ricevendo il perdono – e continuerà a predicare con coraggio il sacrificio di Cristo, che è sufficiente per tutto.
In queste due «rocce» – la roccia di Mosè, Pietro la Roccia – e in Cristo, la vera Roccia, prende forma la fede della Chiesa. Cristo è la Roccia colpita, sacrificata una volta per tutte. La Chiesa è costruita su quella Roccia, non per colpirla di nuovo, ma per proclamarla, specialmente nell'Eucaristia, dove il suo sacrificio unico e definitivo è reso presente.
Il Salmo 95 ci offre il ritornello: «Se oggi ascoltate la sua voce, non indurite i vostri cuori». Mosè quel giorno non ascoltò. Il popolo indurì il proprio cuore lamentandosi. Pietro resistette alla sofferenza di Cristo. Oggi la scelta è nostra: ammorbidirà i nostri cuori? Confideremo nella Roccia già colpita?
Non colpite ancora. Non chiedete un altro segno. Parlate semplicemente alla Roccia e l'acqua viva sgorgherà.
Amen.
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