18ª settimana del tempo ordinario C – Domenica

Published on 2 August 2025 at 13:00

La pace sia con voi. Le letture di questa domenica parlano con sorprendente chiarezza – e urgenza – dei pericoli della vanità e dell'avidità. Qohelet, nella prima lettura tratta dal libro dell'Ecclesiaste, esclama: «Vanità delle vanità! Tutto è vanità!». Un'affermazione audace, ma che coglie la fragilità e l'inutilità dell'aggrapparsi a cose che non possono durare. Lottiamo, ci sforziamo, accumuliamo – eppure, alla fine, torniamo polvere. Le nostre menti sono inquiete, i nostri cuori ansiosi e spesso non godiamo nemmeno dei frutti del nostro lavoro, ma li cediamo ad altri.

San Francesco d'Assisi comprese intimamente questa verità. Nato in una famiglia ricca, rinunciò a tutto, non perché le ricchezze fossero di per sé un male, ma perché gli avevano impedito di vedere la presenza di Dio nel creato e nei poveri. Una volta disse: «Ciò che un uomo è agli occhi di Dio, è tutto ciò che è e nient'altro». Si tratta di un'affermazione radicale in un mondo ossessionato dall'immagine, dallo status, dalla ricchezza e dai beni materiali.

Nel Vangelo, Gesù avverte: «Guardatevi da ogni avarizia». Si rivolge a un uomo che, come molti di noi, crede che la giustizia consista nell'ottenere la nostra giusta parte. Ma Gesù ribalta la conversazione: il problema non è l'eredità, o ottenere la nostra giusta parte, ma il fatto che, in qualche modo, assicurarci più beni di quelli di cui abbiamo bisogno significhi assicurarci la vita e il benessere. Dimentichiamo ciò che ha detto il Signore, cioè che cercando di assicurarci la vita attraverso una sicurezza e dei beni illusori, la perdiamo. L'uomo ricco della parabola costruisce granai più grandi per assicurarsi il futuro, ma la sua vita finisce quella stessa notte. Viene definito stolto, non perché era ricco, ma perché non era ricco di ciò che conta per Dio.

San Paolo, nella seconda lettura, ci ricorda che se siamo risorti con Cristo, il nostro vero tesoro non è sulla terra, ma in cielo. Egli definisce chiaramente l'avidità come idolatria, una forma di falso culto. Questo ci sfida a esaminare dove riponiamo la nostra speranza, la nostra energia, la nostra identità.

Come francescani, facciamo voto di povertà. Siamo chiamati a vivere in modo semplice, non solo per amore della povertà, ma per essere liberi. Il voto è un dono per noi, non un peso. Ci dà il potere di essere liberi: liberi di amare, liberi di servire, liberi di gioire di ciò che Dio ci offre. Questo non significa che disprezziamo il creato o abbandoniamo le nostre responsabilità, ma che riponiamo le nostre speranze e i nostri sogni in Dio, piuttosto che nella ricchezza, nel potere, nel piacere o negli onori di questo mondo.

Chiediamo quindi oggi la grazia del coraggio, per liberarci dalle paure che ci portano ad aggrapparci alle cose materiali. Contiamo i nostri giorni con saggezza e cerchiamo di essere “ricchi di ciò che conta per Dio”: compassione, misericordia, generosità, umiltà e, soprattutto, amore.

Possa lo Spirito di San Francesco ispirarci a vivere con mani aperte e cuori liberi, trovando gioia non in ciò che possediamo, ma in Colui che ci sostiene.

Santissima Madre, libera e pura, rendi i nostri cuori simili al tuo.

Amen.

 

 


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