Oggi ci troviamo di fronte a una bellissima immagine tratta dal Libro dell'Esodo: Mosè che scende dal Monte Sinai, raggiante – letteralmente splendente – della gloria di Dio. Lui non se ne rende nemmeno conto, ma gli altri lo vedono chiaramente. Il tempo trascorso con il Signore ha lasciato un segno visibile. Eppure, quello splendore incute timore. Il popolo indietreggia. Mosè deve velare il suo volto, perché la gloria di Dio, senza filtri, sopraffarebbe il suo popolo.
Il Vangelo, invece, ci offre due brevi parabole. Un tesoro nascosto in un campo. Una perla di grande valore. E in entrambe la risposta è la stessa: chi le scopre rinuncia a tutto per possedere ciò che è più prezioso: questo tesoro, questa perla, questo Regno dei cieli.
Cosa hanno in comune queste letture?
Tutte parlano dell'incontro, di ciò che accade quando ci avviciniamo al Sacro. Quando Mosè si avvicina a Dio, viene trasformato. Quando qualcuno si imbatte nel Regno, tutta la sua vita assume un significato nuovo e più profondo. In entrambi i casi, la presenza di Dio non solo conforta, ma cambia, sconvolge, illumina.
Ed è qui che entra in scena il nostro santo del giorno: Pietro Crisologo, il vescovo di Ravenna dalle «parole d'oro». Vivendo nel V secolo, Pietro si guadagnò questo titolo grazie alla sua predicazione profonda, concisa e profondamente pastorale. “Dalle parole d'oro”. La maggior parte dei suoi sermoni sono brevi, ma pieni di fuoco e chiarezza. Sapeva come prendere la Parola di Dio e applicarla, non in astrazioni elevate, ma al cuore umano. Credeva che quando Dio parla, noi siamo destinati a cambiare. Proprio come il volto di Mosè risplendeva dopo l'incontro, Pietro sapeva che la vita cristiana dovrebbe risplendere della luce del Vangelo.
Pietro predicava che “chiunque voglia essere sempre in compagnia di Dio deve pregare regolarmente e leggere spesso la Parola di Dio”. Considerava la Scrittura non come una semplice istruzione, ma come una perla di grande valore, un tesoro nascosto in bella vista, che possiamo trovare se siamo disposti a cercarlo, a meditarlo e a lasciarci trasformare da esso.
In realtà, il dono di Pietro non era solo l'eloquenza, ma anche l'accessibilità. Come Gesù nel Vangelo, parlava per parabole usando esempi tratti dalla vita quotidiana e ordinaria. Attirava i suoi ascoltatori nel mistero di Dio con chiarezza e bellezza attraverso cose con cui potevano facilmente identificarsi. Aiutava il suo popolo a capire che il Regno non era solo un luogo lontano, ma era sepolto proprio qui, nel mezzo delle nostre vite, in attesa di essere trovato.
E come Mosè, ricordava loro che la santità non è riservata alle vette delle montagne, ma risplende quando ci avviciniamo al Signore, anche nei doveri quotidiani della nostra vocazione.
Quindi oggi, mentre riflettiamo su Pietro Crisologos, chiediamoci: abbiamo ancora a cuore la Parola di Dio? Siamo disposti a «vendere tutto», a mettere da parte le distrazioni, le attività secondarie, anche le cose buone, per fare spazio a ciò che è fondamentale? Lasciamo che il tempo trascorso con il Signore lasci un segno in noi, come è successo a Mosè e a Pietro?
Continueremo il nostro cammino come canali della presenza radiosa di Dio, come tutti i santi che Cristo ha reso Luce del Mondo. Amen.
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