Cari fratelli e sorelle in Cristo, la pace sia con voi! Nelle letture di oggi siamo invitati a riflettere su due temi apparentemente diversi ma profondamente connessi: la punizione del peccato e la crescita misteriosa e silenziosa del regno di Dio. Nell'Esodo incontriamo la cruda scena dell'idolatria di Israele e la giusta ira di Mosè, mentre nel Vangelo Gesù ci offre due immagini delicate – un granello di senape e un po' di lievito – che rappresentano entrambe la crescita lenta e nascosta del regno di Dio. A prima vista, punizione e crescita possono sembrare opposti. Ma alla luce dell'insegnamento della Chiesa, essi sono legati da un obiettivo comune: la nostra conversione, la nostra guarigione e, in ultima analisi, la nostra trasformazione.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci aiuta a comprendere le punizioni di Dio non come atti di vendetta, ma come espressioni della sua giustizia e della sua misericordia. Dio punisce il peccato, sì, ma sempre con l'obiettivo di richiamare il peccatore alla vita. Il paragrafo 1472 del Catechismo insegna che il peccato ha una doppia conseguenza: rompe la nostra comunione con Dio e lascia in noi un attaccamento disordinato, una sorta di danno spirituale che ha bisogno di essere guarito. La punizione divina, quindi, non è Dio che si scaglia con rabbia, ma Dio che ci permette di sperimentare le conseguenze reali dell'allontanamento da Lui, affinché possiamo risvegliarci e tornare a Lui.
Nella prima lettura di oggi, il popolo è caduto nell'idolatria: ha costruito un vitello d'oro e lo ha adorato, dimenticando il Dio che lo aveva liberato dalla schiavitù. La punizione che segue non è la distruzione immediata, ma un processo di confronto, pentimento e rinnovamento. Mosè intercede per il popolo, offrendo persino se stesso al loro posto. Dio ascolta e, sebbene parli di punizione, dice anche che continuerà a guidarli: «Il mio angelo ti precederà». In altre parole, anche di fronte al peccato, Dio non abbandona il suo popolo. Egli disciplina, ma sempre per il bene della guarigione e della crescita.
E questo ci porta al Vangelo. Gesù ci dice che il regno di Dio è come un granello di senape, così piccolo, così facile da trascurare. O come il lievito, nascosto ma potente. La crescita nel regno spesso all'inizio è invisibile. È il tipo di crescita che avviene quando rispondiamo alla grazia, specialmente all'indomani del peccato e del fallimento. La punizione divina, se compresa correttamente, prepara il terreno per quella crescita. Ci rende sobri. Risveglia la nostra sete di santità. Ci ricorda che la vita senza Dio è sterile e che solo in Lui troviamo la pace.
Ricordo di essere stato ricoverato qui a Roma per un'ernia discale alla colonna vertebrale. È stato uno dei dolori più terribili che mi abbia mai colpito come messaggero di Dio. Anche se so esattamente come si è sviluppata la malattia nel corso degli anni, e aggiungo a ciò la mia mancanza di diligenza che ha aggravato la situazione fino al punto di ebollizione, so anche che Dio l'ha usata per parlarmi, perché la notte dopo l'operazione ho fatto uno dei sogni più profondi della mia vita. Ero solo in ospedale. Senza famiglia. Senza amici. Nel centro di Roma. Ma Dio mi ha mostrato la mia anima e che risveglio è stato, come sacerdote consacrato a Lui che ha ricevuto tanta misericordia nel corso della sua vita. Dio punisce, disciplina, sempre per il nostro bene e perché ci ama.
Il Catechismo rafforza questo concetto ricordandoci che le punizioni temporali non sono segni di rifiuto, ma segni d'amore. Come un buon genitore, Dio disciplina i Suoi figli non per far loro del male, ma per insegnare loro qualcosa. Il dolore che ho sopportato in quell'ospedale non era dannoso, ma curativo. Questo riflette il modo in cui Dio ci disciplina. Se ci apriamo a questa verità, anche le nostre esperienze più dolorose, se esaminate con umiltà, possono diventare occasioni di grazia. Ciò che il mondo vede come un fallimento, Dio lo vede come terreno fertile. Terreno dove si può piantare qualcosa di piccolo che, grazie al Suo potere, può crescere.
Nella nostra vita, anche noi affrontiamo momenti in cui, come gli Israeliti, siamo tentati di allontanarci, di creare i nostri vitelli d'oro, di riporre più fiducia nei nostri idoli frivoli che in Dio Onnipotente, che ha sempre dimostrato di essere nostro Padre. E a volte ne sentiamo profondamente le conseguenze. Ma ricordiamo: Dio non smette mai di seguirci. Non si arrende mai. Ci chiama attraverso la misericordia, attraverso la correzione, attraverso il paziente dispiegarsi della grazia. E se rispondiamo, se lasciamo che il seme di senape della Sua Parola attecchisca, allora la crescita arriverà. Silenziosamente, costantemente, potentemente.
Come il lievito nell'impasto, Dio opera in noi, anche nel nostro peccato e nella nostra lotta, per elevarci, per renderci nuovi e per attirarci più profondamente nel Suo regno.
Amen.
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