La pace sia con voi, miei cari fratelli e sorelle in Cristo. Le letture di oggi ci presentano due scene apparentemente molto diverse: un episodio piuttosto inquietante tratto dal libro della Genesi e una lezione di Gesù sul digiuno e sul rinnovamento spirituale. Ma al centro di entrambe c'è una domanda più profonda: come possiamo capire cosa è veramente gradito a Dio? Cosa vede Dio quando agiamo, quando mettiamo in discussione, quando presumiamo di giudicare le Sue vie?

Consideriamo innanzitutto la prima lettura. Racconta la storia di come Giacobbe, con l'aiuto di sua madre Rebecca, ingannò suo padre Isacco per ricevere la benedizione destinata a suo fratello Esaù. Secondo qualsiasi normale standard umano, ciò che accade qui è disonesto. Giacobbe mente ripetutamente. Indossa un travestimento. Manipola la cecità di suo padre. Si assicura la benedizione con false pretese.
Eppure, questo inganno finisce per svolgere un ruolo fondamentale nello svolgersi della storia della salvezza. Giacobbe, non Esaù, diventa il padre delle dodici tribù di Israele. È dalla discendenza di Giacobbe, ribattezzato Israele, che verrà il Messia. Come possiamo conciliare tutto questo?
La verità è che la Scrittura non nasconde i difetti dei suoi eroi. Non edulcora il loro percorso. Le azioni di Giacobbe erano sbagliate: mentì a suo padre. Ma la storia non elogia l'inganno; mostra come Dio, nella sua misteriosa provvidenza, possa ancora operare attraverso la fragilità e l'imperfezione delle scelte umane per realizzare il suo piano divino. I propositi di Dio non sono ostacolati dai nostri fallimenti; a volte, si realizzano proprio attraverso di essi. Questo non è un permesso per essere disonesti, ma una rivelazione della misericordia e della sovranità di Dio.
In passato, quando i candidati alla vocazione religiosa mostravano segni di apprensione anche solo all'idea del matrimonio, o se i loro superiori giudicavano che avessero abbracciato la vita religiosa sotto l'ispirazione di motivazioni non proprio altruistiche, come la fuga da una famiglia oppressiva o il bisogno di sentirsi utili, desiderati e importanti, venivano rimandati a casa perché ritenuti inadatti alla vita sacerdotale. Ma oggi, proprio come l'inganno di Giacobbe è stato trasformato in qualcosa di santo da Dio, così anche un candidato che comprende le sue vere motivazioni, meno benevole, per abbracciare la vita religiosa, può essere condotto a una vita fruttuosa di consacrazione al servizio del Signore.
Il percorso di Giacobbe non fu privo di conseguenze. La sua vita sarebbe stata segnata da lotte, tensioni e conflitti, con gli uomini e con Dio. Eppure, attraverso tutto questo, Dio lo plasmò. Giacobbe sarebbe diventato un uomo di fede profonda, non iniziando in modo perfetto, ma essendo attratto dalla grazia attraverso la debolezza e l'inganno verso la trasformazione.
Nel Vangelo, i discepoli di Giovanni Battista si recano da Gesù con una domanda che sembra ragionevole, persino pia: perché i tuoi discepoli non digiunano come noi? Ma dietro la domanda c'è un sottile orgoglio, un tono di giudizio. Nostro Signore risponde con un'immagine che rivela i limiti della loro comprensione: Non si digiuna a un banchetto di nozze. Perché? Perché il digiuno è per i momenti di lutto e di assenza, ma Lui è lo Sposo, e finché Lui è presente, è un momento di gioia.
I farisei - e persino i discepoli di Giovanni - facevano fatica ad accettarlo. Come molti di noi, pensavano di sapere già come Dio dovesse agire, come dovesse essere la santità e come gli altri dovessero conformarsi. Ma Gesù ci ricorda che le vie di Dio non sono vincolate alle nostre supposizioni. Le sue vie sono più elevate delle nostre, molto più elevate delle nostre. Preghiamo per avere cuori aperti, aperti come quello di Giacobbe, aperti come quelli dei discepoli che seguirono Gesù e scelsero di fidarsi, piuttosto che resistere alla grazia di Dio, anche quando si sentivano completamente e assolutamente indegni. Dio ci guiderà, anche nella nostra miseria, perché ci ama. Amen +
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