13ª settimana del tempo ordinario C – Venerdì

Published on 3 July 2025 at 13:00

Cari fratelli e sorelle in Cristo, il Signore vi dia la pace. Ieri abbiamo celebrato la festa di san Tommaso apostolo e oggi la Chiesa ci presenta un'altra figura apostolica: san Matteo, un tempo esattore delle tasse, ora pilastro della Chiesa. In lui vediamo la potenza della chiamata di Dio e la meravigliosa trasformazione che avviene quando un individuo risponde con fiducia e immediatezza.

Cosa c'era in quella voce, in quello sguardo di Cristo, che spinse Matteo a lasciare tutto? Sicuramente era qualcosa di più della semplice persuasione umana. Era la chiamata di Dio: potente, personale e determinata. Matteo poteva essere oppresso dal senso di colpa o dalla vergogna. Poteva sentirsi inadatto a una vita di santità. Eppure Gesù lo guarda e non vede un uomo definito dal suo passato, ma uno scelto per il futuro, un futuro al servizio del Vangelo, ma sempre suo figlio prediletto.

Abramo, nella prima lettura, ormai anziano e vicino alla fine della sua vita, continua ad andare avanti nell'obbedienza alla promessa di Dio e insiste affinché Isacco, suo figlio, continui a fare lo stesso. Non c'è esitazione, solo fedeltà, preparazione e azione, fondate sulla fiducia che Dio sta guidando la sua storia in divenire.

Questo è esattamente ciò che vediamo nella risposta di San Matteo. Come Abramo, egli va avanti senza sapere dove lo porterà il suo cammino. Ma qualcosa nell'invito «Seguimi» gli assicura che questa strada non sarà solitaria e che il Signore sarà sempre con lui.

Con il tempo, Matteo crebbe non solo in santità, ma anche nella comprensione di chi fosse Cristo. Alla fine, ispirato dallo Spirito Santo, avrebbe composto uno dei quattro Vangeli, un'opera che ha formato e nutrito la Chiesa per duemila anni. Da esattore delle tasse a evangelista, il cammino di Matteo fu un cammino di comunione sempre più profonda con il Signore che seguiva.

Solo nel Vangelo di Matteo troviamo il grande discorso della montagna descritto in modo così dettagliato e la costante enfasi sulla misericordia e sull'autentica giustizia che supera quella degli scribi e dei farisei. Perché? Perché Matteo sapeva per esperienza diretta cosa aveva fatto la misericordia nella sua vita. Era stato chiamato non come uomo giusto, ma come peccatore ed era stato anche guarito dal suo attaccamento alle cose transitorie.

Quando i farisei lo scherniscono e gli chiedono: «Perché il tuo maestro mangia con i pubblicani e i peccatori?», Gesù risponde con quelle parole indimenticabili: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». Questo è il Vangelo: Dio chiama i feriti, gli stanchi, i peccatori e li eleva a qualcosa di più grande di quanto avrebbero mai immaginato.

Questa è una chiamata che tutti noi dobbiamo ascoltare oggi. Come Matteo, anche noi siamo chiamati, non una volta sola, ma più e più volte. Chiamati a uscire dalle nostre vecchie abitudini. Chiamati ad abbandonare l'autocompiacimento. Chiamati a un cammino più profondo con Cristo. Il Signore non aspetta che siamo perfetti. Egli ci chiama ora, e il resto del viaggio sarà opera Sua in noi, se saremo disposti a seguirlo. Non esitiamo. Non crogioliamoci nel comfort, nella paura o nella vergogna. Alziamoci, come Matteo, e seguiamolo.

E nel seguirlo, diventiamo, come Matteo, dimora dello Spirito Santo, testimoni della misericordia e voce che aiuta gli altri a sentire la chiamata di Colui che dice: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo». Amen.


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