Cari fratelli e sorelle in Cristo, la pace sia con voi. Oggi ci troviamo di fronte al mistero centrale della nostra fede: Dio è un solo Dio in tre Persone – Padre, Figlio e Spirito Santo. Questo non è un enigma solo per la mente, ma un mistero vivente che plasma il modo in cui vediamo Dio, noi stessi e il mondo. La Trinità è amore – amore condiviso perfettamente all'interno di Dio e riversato sul creato, ma così grande che non potremo mai esaurirne la profondità e la bellezza. Dio è un flusso continuo di bontà inesauribile, al di là di qualsiasi cosa la nostra mente e il nostro cuore possano mai comprendere, proprio come l'incontro di Sant'Agostino con l'angelo che si era travestito da ragazzino sulla spiaggia e gli aveva detto che comprendere appieno la Trinità sarebbe stato come svuotare l'oceano in un piccolo buco nella sabbia che lui aveva scavato. Agostino stava cercando di scrivere un trattato molto completo sulla Santissima Trinità.

Nella prima lettura, dal Libro dei Proverbi, sentiamo la voce della Sapienza divina, presente con Dio prima che il mondo fosse creato: «Quando il Signore fondò i cieli, io ero là... giocavo sulla superficie della sua terra e trovavo diletto nel genere umano». I primi Padri della Chiesa vedevano questa figura della Sapienza come il Figlio, il Verbo attraverso il quale tutte le cose sono state create. E così, fin dall'inizio, il piano di Dio era quello di una relazione: un amore gioioso e traboccante che si compiaceva della creazione, specialmente dell'umanità. Egli creò tutte le cose e «vide che erano buone».
San Francesco d'Assisi lo comprese intuitivamente. Per lui, tutte le creature erano fratelli e sorelle perché tutte provenivano dallo stesso Dio amorevole. Egli vedeva la creazione non come casuale o separata da Dio, ma come uno specchio della bontà della Trinità. In ogni uccello, in Fratello Sole e Sorella Luna, nei poveri e nei lebbrosi, Francesco intravedeva la bellezza del Dio Trino e rispondeva con la lode: «Laudato si', mi' Signore - Sia lodato Tu, mio Signore!».
San Paolo, nella seconda lettura, ci ricorda che questo amore trinitario non è lontano: «L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo che ci è stato dato». Qui, San Bonaventura ci invita a vedere la Trinità come una fonte d'amore: il Padre che dona eternamente se stesso al Figlio, il Figlio che ricambia quell'amore e lo Spirito come legame vivente della loro unione. E ciò che è sorprendente è questo: lo stesso Spirito che unisce il Padre e il Figlio è stato riversato nei nostri cuori, attirandoci nella vita della Trinità, rendendoci figli di Dio e dandoci una speranza che non delude.
Nel Vangelo, Gesù promette che lo Spirito ci guiderà alla verità tutta intera: «Tutto ciò che il Padre ha è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà». La Trinità non è chiusa in se stessa, ma desidera condividere la sua vita con noi. Il beato Giovanni Duns Scoto ha riflettuto profondamente su questo. Egli insegnava che l'Incarnazione – il Verbo che si fa carne – era sempre stata parte del piano di Dio, non solo a causa del peccato, ma perché l'amore di Dio è così generoso che egli ha voluto, fin dall'inizio, unirsi a noi in Cristo. L'amore della Trinità trabocca così abbondantemente da attirare il creato – e in particolare l'umanità – nella comunione con Dio.
Oggi, mentre contempliamo questo mistero, non accontentiamoci di parlare della Trinità, ma viviamo nella sua luce. Come San Francesco, lodiamo Dio nella creazione e gli uni negli altri. Come Bonaventura, vediamo l'amore della Trinità come fonte di ogni bellezza e lasciamo che quell'amore trabocchi in compassione e servizio. Come Scoto, restiamo meravigliati davanti a Cristo, dono perfetto di Dio al mondo. E rallegriamoci perché, attraverso lo Spirito, l'amore della Trinità dimora in noi, guidandoci alla verità, riempiendoci di speranza e invitandoci a condividere quell'amore con il mondo. Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Amen.
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