Fratelli e sorelle in Cristo, il Signore vi dia pace. Nelle letture della Messa di oggi siamo invitati a riflettere sul nostro cammino verso la santità. Abbiamo ascoltato due storie: la prima, una storia di un nuovo inizio, la seconda, una storia di vista restituita. Approfondiamo queste parabole e consideriamo come parlano alla nostra vita.

Nella storia di Noè, assistiamo a un momento cruciale nella storia della salvezza. Dopo il devastante diluvio, il mondo, in un certo senso, rinasce. Noè, da sempre servo fedele, manda fuori un corvo, un uccello dell'ombra, che torna indietro, incapace di trovare un terreno solido. Poi manda una colomba. La colomba, simbolo di purezza e di pace, torna con una foglia d'ulivo fresca, segno di vita, di speranza, di ripristino della creazione. La pazienza e la perseveranza di Noè, la sua fiducia nei tempi di Dio, vengono premiate. Lui e la sua famiglia escono dall'arca in un mondo fatto nuovo. Noè costruisce un altare, offrendo un sacrificio di ringraziamento. Dio, a sua volta, promette di non distruggere mai più la terra in questo modo e stabilisce l'alleanza delle stagioni, del tempo delle sementi e del raccolto.
Questa storia parla profondamente alla nostra vita. Anche noi sperimentiamo le inondazioni della nostra vita - le inondazioni del peccato, del dubbio, della disperazione. Potremmo inviare i nostri “corvi”, cercando una soluzione rapida, una consolazione superficiale, una soluzione veloce. Tuttavia, la vera speranza e la vera pace arrivano quando siamo come la colomba. Dobbiamo andare oltre un mondo che è “avanti e indietro”. Dobbiamo cercare un mondo che ha “trovato un posto dove fermarsi e appollaiarsi” ed essere disposti a tornare con un segno di vita, anche se è solo una foglia d'ulivo di fedeltà. Dobbiamo coltivare una fede paziente e perseverante. Crescendo in santità, dobbiamo, come Noè, costruire un altare. Un altare di preghiera, di pentimento, di gratitudine. Un altare in cui offrire i nostri cuori e le nostre menti a Dio. In questo processo, entreremo nell'alleanza delle stagioni, nei ritmi della vita, nella consapevolezza che, anche attraverso le prove, le promesse di Dio non cesseranno mai.
La lettura del Vangelo presenta un'altra immagine potente: quella di un cieco a cui viene gradualmente restituita la vista. Gesù prende quest'uomo in disparte, lontano dal clamore della folla, dalle distrazioni del mondo. Con la saliva, umile elemento della creazione, tocca gli occhi dell'uomo e gli chiede: “Vedi qualcosa?”. L'uomo, nella sua risposta iniziale, vede persone che sembrano alberi, che camminano. La sua visione è parziale, imperfetta. Ma Gesù, nella sua grazia divina, lo tocca di nuovo. Questa volta, la vista dell'uomo viene completamente ripristinata e può vedere tutto chiaramente. Gesù lo rimanda quindi a casa, lontano dal sensazionalismo, indirizzandolo verso un cammino di discernimento.
Questa parabola rispecchia il nostro cammino spirituale. Anche noi siamo spesso ciechi, o almeno parzialmente vedenti. Fatichiamo a vedere il mondo come lo vede Dio. Potremmo vedere persone che sembrano “alberi che camminano”, figure di cui non riusciamo a distinguere appieno l'immensa santità e dignità davanti a Dio. Possiamo essere offuscati dal peccato, dalla paura, dal mondo. Attraverso i sacramenti, la preghiera, la grazia di Dio, riceviamo il suo tocco e la nostra vista viene lentamente ripristinata e persino migliorata rispetto allo stato precedente. La sua grazia è un balsamo curativo che ci permette di vedere sempre più chiaramente la bellezza, la verità e la bontà che ci circondano. Dobbiamo permettere a Gesù di toccarci ancora e ancora, finché non saremo in grado di vedere il mondo con la pienezza della chiarezza divina.
La vita è un viaggio, un tempo di purificazione, di crescita nella fiducia, fino a quando riceveremo una visione che va oltre ogni altro tipo di visione - quella beatifica del paradiso, dove potremo vedere, faccia a faccia, Colui che ha fatto tutto, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, per sempre Dio sia benedetto. Amen.
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