Oggi ci riuniamo per onorare una santa straordinaria, Sant'Agata, una giovane donna vissuta all'incirca nel III secolo e celebrata per il suo coraggio e la sua fede incrollabile anche in mezzo a dure prove e persecuzioni. La storia di Sant'Agata è una storia di fermezza. Nata in Sicilia, era nota per la sua bellezza e per la sua devozione a Cristo, al quale promise la sua verginità. Sfortunatamente, la sua fedeltà attirò l'attenzione di un funzionario romano che la volle come sua sposa. Quando rifiutò le sue avances, fu sottoposta a torture e umiliazioni. Alla fine, il suo impegno incrollabile verso Gesù la portò al martirio. Nel ricordarla oggi, contempliamo le prove che affrontò e come rispecchiano le nostre lotte nel cammino della fede.

Nella prima lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, ci viene ricordata la natura della disciplina. Si apre con il riconoscimento delle lotte che affrontiamo contro il peccato, rassicurandoci sul fatto che le nostre prove non sono indice dell'abbandono di Dio, ma piuttosto una manifestazione del suo amore e del suo desiderio di crescita. Il brano ci esorta a non perderci d'animo quando sperimentiamo la disciplina, ma a riconoscere come il nostro Padre amorevole la permetta nella cura dei suoi figli. L'autore lo dice semplicemente in questo modo: “Dio vi tratta come suoi figli”. Le esperienze di Agata ci insegnano che le nostre difficoltà hanno uno scopo: affinare il nostro carattere e approfondire il nostro rapporto con Dio.
Questa santa e martire ha sopportato il dolore per amore della sua fede, incarnando la verità del passo che “la disciplina sembra sempre dolorosa piuttosto che piacevole al momento, ma poi produce il frutto pacifico della rettitudine a coloro che sono stati addestrati da essa”. In un mondo in cui spesso cerchiamo una gratificazione immediata, la storia di Agata illustra i benefici a lungo termine del sopportare le nostre prove con fede, ossia l'ingresso nell'eternità così intimamente e fedelmente uniti a Dio. Solo allora, se ci sarà data la grazia, ci renderemo conto di quanto questo sia davvero un dono.
La lettura del Vangelo di Marco approfondisce ulteriormente la nostra riflessione su fede e familiarità. Quando Gesù torna nella sua patria, incontra il dubbio e l'incredulità di coloro che lo conoscevano come figlio di un falegname. Essi faticavano ad accettare che una persona così familiare potesse essere un profeta o una fonte di potere divino. Anche noi spesso non riusciamo a riconoscere Gesù nell'ordinario perché ci aspettiamo che si manifesti in modi straordinari. Di recente, mentre celebro la Messa, immagino spesso nostro Signore in piedi con me, espressivo, spesso indicativo di come il mio stato d'animo si proietta su coloro che partecipano alla chiesa o alla cappella. Lo vedo cupo o che mi incoraggia a fare un respiro profondo e ad alleggerirmi. È nell'Eucaristia, non ho dubbi, ma oltre alla sua presenza lì, se uno si ferma a percepire la sua presenza, discernerà il Signore anche in modi diversi.
Sant'Agata è un esempio di questo discernimento; mentre affrontava le persecuzioni, si appoggiava continuamente alla sua fede, sapendo che nella sua lotta non era sola. Quando permettiamo alle distrazioni, all'amarezza o allo scetticismo di offuscare la nostra comprensione, rischiamo di perdere la profonda grazia di Dio che ci circonda, proprio come i cittadini che non si accorsero della gloria del Messia tanto atteso che viveva tra le loro fila. Per questo motivo, sforziamoci di vedere Cristo nella nostra vita quotidiana, nelle nostre famiglie, nei luoghi di lavoro e nelle comunità. Pratichiamo la disciplina di riconoscere la voce divina in mezzo al familiare, che ci permette di vivere nella fede con il cuore aperto.
In questo modo, possiamo avvicinarci a Dio, sicuri che, proprio come Sant'Agata, possiamo trasformare la nostra sofferenza in una fonte di forza, speranza e santità. Amen.
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