Fratelli e sorelle, le letture di oggi ci invitano a esaminare il fondamento stesso della nostra vita, la fonte della nostra forza e la strada che i nostri cuori dovrebbero seguire in Gesù Cristo, nostro Signore. Geremia ci ricorda la maledizione di confidare nella potenza umana e nel potere terreno, una maledizione che risuona in un mondo spesso ossessionato dalla ricchezza, dallo status e dalle fugaci ricompense di questa vita.
Nel Vangelo ascoltiamo i pronunciamenti impegnativi di Gesù: “Beati voi che siete poveri, perché vostro è il regno di Dio”. E, in particolare, “Guai a voi che siete ricchi”. È un messaggio che, a prima vista, potrebbe sembrare controintuitivo. Significa forse che dobbiamo condannare il successo finanziario, anche se è il risultato di un lavoro diligente, dell'intelligenza e dell'impegno per una vita migliore?
No, il messaggio non è che la ricchezza sia intrinsecamente cattiva. Si tratta di capire dove riponiamo la nostra fiducia finale. Si tratta dei pericoli dell'aggrapparsi ai beni del mondo e dei rischi del concentrarsi sull'accumulo di beni materiali. Quando ci affidiamo a sistemi creati dall'uomo, siamo come il “cespuglio sterile nel deserto”. Siamo soggetti alle tempeste, alla siccità e ai cambiamenti di stagione. La nostra fede, in queste circostanze, può appassire e il nostro spirito impoverirsi.

Consideriamo il mondo che ci circonda. Vediamo individui e società che privilegiano il profitto rispetto alle persone, che accumulano ricchezze ignorando le sofferenze dei poveri e degli emarginati. Assistiamo a sistemi politici corrotti dall'avidità e dal potere, dove le voci dei vulnerabili vengono messe a tacere. Assistiamo alle tragiche conseguenze dei impoveriti, che sono il risultato dell'incessante ricerca del guadagno economico. Questi sono esempi della “maledetta” dipendenza dal potere umano, di una società in cui i “ricchi” sono spesso “pieni” di piaceri mondani, mentre coloro che lottano sono spesso “affamati”.
Ma il Vangelo ci ricorda che il Regno di Dio è diverso. È un Regno di giustizia, di misericordia e di condivisione radicale. È un luogo in cui i poveri, gli affamati e gli emarginati non sono solo compatiti, ma vengono valorizzati, curati e viene dato loro un posto a tavola. Gesù ci chiama a essere “come un albero piantato accanto alle acque”, profondamente radicati nella nostra fede, allungando le nostre radici verso il flusso vivificante dell'amore di Dio.
La prima lettura ci ricorda che coloro che confidano nel Signore sono benedetti. Questo non significa che i cristiani debbano semplicemente rilassarsi e non lavorare per il miglioramento materiale o lottare per l'avanzamento sociale, poiché il Signore provvederà, ma piuttosto che il nostro obiettivo primario dovrebbe essere quello di confidare che anche il lavoro che dà all'uomo la sua dignità, viene dal Signore.
La chiamata di Cristo nel Vangelo è ad amare Dio e ad amarsi reciprocamente. Le beatitudini indicano come amare coloro che ci circondano, anche quelli che potrebbero non essere i più “facili” da amare.
Accogliamo la grazia di amare che si trova in Cristo e siamo un popolo di fede che si manifesta con l'azione. Che possiamo essere tutti discepoli “benedetti” di Gesù, portando frutto nel servizio di Dio e del prossimo. Che possiamo essere tutti coloro che trovano la loro speranza e la loro felicità, prima di ogni altra cosa, nel Signore.
Nostra Signora, Regina delle Beatitudini, prega per noi che ricorriamo a te.
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